Enrico Fedrighini


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Nucleare NO GRAZIE

Milano a ENERGIA SOLARE è possibile: ecco come! [ link 1]
Il progetto per una città a emissioni zero" [ link2]
Petizione per fare uscire Milano dal Nucleare

Una colata di cemento

Non parliamo di urbanistica a Milano, anche se il titolo potrebbe trarre in inganno. Parliamo di nucleare perché ci sono due storie simili, accadute a venticinque anni di distanza (Chernobyl e Fukushima) che si concludono nello stesso modo. Diverse le circostanze e le aree coinvolte; diversa, anzi agli antipodi la tecnologia impiegata per la realizzazione degli impianti e la macchina organizzativa degli apparati di progettazione e gestione.
Identica però la conclusione: una disperata colata di cemento. Cemento sul nocciolo del reattore nucleare per tentare di arginare per quanto umanamente possibile le conseguenze della fusione.

La tragedia giapponese ha temporaneamente rallentato - da parte del governo, delle agenzie e delle imprese maggiormente interessate al business – l’operazione di marketing per il rilancio in grande stile (si fa per dire) del nucleare in Italia.
Diciamo “temporaneamente” per due ragioni precise: prima di tutto, perché dietro l’affare-nucleare si celano enormi interessi economici che riguardano non solo la costruzione delle centrali ma anche la gestione delle scorie, vero grande business di lunga durata: i 52 siti di stoccaggio del materiale radioattivo, previsti dal governo e ancora “secretati”, sono destinati a trasformarsi in altrettante “discariche nucleari” nelle quali stoccare materiale radioattivo obsoleto proveniente anche dall’estero; e poi perché la lobby nuclearista aspetterà semplicemente che “passi la nottata”, perché solo dopo incidenti e tragedie simili il dibattito pubblico sul nucleare si concentra davvero su questioni sostanziali per la vita dei cittadini, anziché sugli utili degli azionisti Enel, Edf e A2A: la sicurezza delle centrali, l’affidabilità del sistema dei controlli, i reali costi dell’energia prodotta dall’atomo, le analisi costi/benefici sul lungo periodo rispetto alle energie rinnovabili.
Il professor Umberto Veronesi ammette che è necessaria una moratoria sul nucleare, dopo gli eventi di Fukushima; ma sostiene che il nucleare rimane indispensabile e irrinunciabile per il futuro del pianeta.
Quale futuro? Disegnato da chi? Per quale pianeta?
Il professor Veronesi non è, a differenza di altri, una persona a libro paga delle industrie legate all’atomo: è uno scienziato illustre al quale tutti noi dobbiamo molto; ha dedicato la vita alla sua ricerca, con la sua attività ha spinto la frontiera della conoscenza in avanti, salvando vite umane e aprendo nuove importanti prospettive a beneficio della tutela della salute pubblica. Senza seminare illusioni, semplicemente con il rigore della ricerca e della sperimentazione.
Proprio per questo mi chiedo: possibile che una persona come il prof. Veronesi non senta il bisogno di adottare il “principio di precauzione”?
Con quale coraggio, mentre vediamo esseri umani ormai condannati che annaspano attorno a un reattore in fusione non riuscendo a fare di meglio che gettargli addosso acqua di mare e versargli sopra cemento (e la nube tossica inizia a vagare nei cieli), si può affermare che il nucleare è una scelta irrinunciabile, scaricando sulle generazioni future i rischi e i costi di una simile scelta? Esiste ancora, nascosto da qualche parte nel profondo dell’anima, il principio di responsabilità?
In un pianeta dove vivono 7 miliardi di esseri umani, ha senso continuare perseguire il paradigma di un modello fondato su una crescita continua e illimitata dei consumi delle risorse disponibili (del quale l’illusione dell’energia infinita fornita a costo zero dall’atomo è il degno corollario)?

C’è un modo concreto attraverso il quale ognuno di noi può far valere il proprio diritto di decidere su una materia così importante, perché coinvolge il futuro dei propri figli e del pianeta: partecipando ed esprimendo il proprio orientamento, a partire dal referendum sul nucleare per ribadire ancora una volta il No a una scelta irresponsabile.

E votando anche per i cinque referendum milanesi sull’ambiente, uno dei quali riguarda proprio l’energia, con l’obiettivo di realizzare una città a “emissioni zero”.
Perché un pianeta più equilibrato ed equo nell’uso delle risorse comuni lo si inizia a costruire a casa propria, nella propria città, giorno dopo giorno.

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